L’attuale economia del territorio si basa prevalentemente sul turismo e l’accoglienza. In passato, le attività economiche erano invece più legate alla sussistenza e all’artigianato locale.
La conformazione geografica della Tremezzina, raccolta in un’insenatura sulla costa ovest del Lago di Como, le ha da sempre permesso di godere di un clima mite grazie alle punte del Balbianello a sud e di Tremezzo a nord, che la riparano dai possibili forti venti e la proteggono dagli inverni freddi. Questo ha permesso lo sviluppo di una vasta scelta di attività economiche, che variano dalla pesca, all’allevamento di bovini e suini, alle coltivazioni di alberi da frutto e degli ulivi. Inoltre, alcune attività, quali lo stuccatore ad esempio, hanno portato gli artigiani tramezzini a spostarsi e a lavorare in tutto il mondo.
Nel corso del ‘900 sono sorte delle piccole realtà industriali e alcuni poli di eccellenza legati alla nautica, che nello scorso secolo ha vissuto la sua età dell’oro.
Bachicoltura e filatura della seta
Qualcuno scrisse, non a torto, che l’economia comasca si reggeva sulla vanga e sul gelso.
Nelle case si “coltivavano” i bachi: venivano tenuti al caldo e nutriti con foglie di gelso, e questi alberi erano numerosissimi e caratterizzavano molto il paesaggio. I bozzoli venivano portati al filatoio dove la seta veniva lavata e dipanata. Da lì passava alla filanda per la successiva lavorazione. Tante nonne sono state filandine e ricordano che i loro canti alleggerivano la durezza del lavoro.
Fra le filande più note vi era di certo la Filanda Triulzi. Antonio Triulzi, nato a Milano nel 1817 e laureato in medicina all’università di Pavia, si era definitivamente stabilito a Viano. Cominciò a trattare bozzoli e seta intorno al 1850 e da lì a pochi anni aprì la filanda a Viano. Nel 1857 vi lavoravano 26 donne e 24 ragazze. Morì nel 1886, fu sepolto nel cimitero di Tremezzo accompagnato da tutta la popolazione, che lo aveva amato e stimato come uomo e come sindaco.
All’ingresso del borgo antico di Bonzanigo si trovava un incannatoio per la seta della ditta Keller, che aveva una sua scuola privata ad uso esclusivo delle piccole lavoranti del filatoio. Ad Azzano, in riva al lago, ai primi del ‘900 documenti testimoniano invece la presenza della filanda Magatti, smantellata nel 1935 ca. Negli anni ‘50 nell’edificio si trasferì la famiglia Timossi, famosi costruttori di barche da corsa, con le quali furono battuti molti record e vinti altrettanti campionati mondiali ed europei. Il cantiere chiuse definitivamente nel 1982.
I numerosi filatoi e le filande che ancora sorgono nel comune di Tremezzina, a volte riutilizzati come nel caso della Biblioteca di Lenno progettata dall’architetto Roberto Menghi, ricordano la lavorazione della seta, attività storica e peculiare del comasco.
Pesca
Il lavoro del pescatore era un aiuto essenziale per la povera economia locale e molti uomini si dedicavano a questa professione. Nel tardo pomeriggio i battelli e le lucie scaricavano il pescato sulla rive del lago: agoni, alborelle, persico e alborelle erano il bottino, e da questi prodotti nascono alcune delle ricette più tipiche del territorio, come il missoltino e il riso col pesce persico.
Le reti venivano poi stese ad asciugare lungo il muro della casa parrocchiale di Lenno o sulle rive di Spurano.A volte i pescatori si allontanavano molto dal paese e passavano la notte sul batell, cullati dalle onde e con il suono della cioca, il campanaccio galleggiante che segnalava la presenza delle reti.
Contrabbando
Nelle nostre zone l’area del contrabbando per eccellenza era quella di confine tra Como e il Canton Ticino, e più in particolare la Val d’Intelvi e le Valli dell’Alto Lago, le cui montagne con forre e canaloni, con pendii ripidi e scoscesi, permettevano ai contrabbandieri di sfuggire alle ricerche della Guardia di Finanza italiana. Il contrabbando fu molto attivo nel dopoguerra quando la gente soffriva la fame ed era spesso frutto di baratto con i prodotti dell’alpe e per lo più consumato nello stesso nucleo famigliare. Gli “spalloni” portavano in spalla anche 40 kg di merce, specialmente “le bionde” (sigarette) e di notte, come camosci, valicavano la frontiera e sfuggivano alla Finanza. Il gergo degli spalloni era “andàa de sfroos” (andare di frodo) da cui il termine sfroosador o contrabbandiere. Gli spalloni erano dotati di bricolla, una specie di zaino rigido di juta e tela cerata, calzature di juta cucite con lo spago e fulcin, una roncola tagliente per tagliare i lacci delle bricolle in caso di fuga e poter abbandonare il carico.
Davide Van De Sfroos ha scritto bellissime canzoni su questa attività e sui suoi personaggi.
Stuccatori e decoratori
Gli stuccatori e decoratori tremezzini sono i discendenti dei “Magistri Comacini”, artigiani comasco-luganesi reclutati dai Longobardi per operare a Milano, Monza e Pavia. La tradizione si perde nella notte dei tempi, ma la memoria storica inizia al principio del ‘900 con Pietro Lingeri e suo fratello Giacomo “Gambon”, maestri del gesso, dello stucco lucido e della scagliola. La scuola tremezzina ha formato veri e propri artisti che hanno operato in tutta Europa restaurando cattedrali e palazzi secenteschi. Negli anni venti sorse l’azienda di Giovanni Ciapessoni che raccoglieva tutti gli specialisti locali, richiestissima e attiva fino alla fine degli anni Settanta. Altro nome da ricordare è quello del Nando “Barba”.
I fabbri Ciapessoni
I fratelli Ciapessoni meritano di essere ricordati. Possedevano una bottega al Castelletto sopra Tremezzo ed erano eccelsi maestri del ferro battuto. Sono ricordati come i fabbri di Adenauer, infatti realizzarono per la sua villa a Bad Honnef cancelli e ringhiere degne di un re. Tante loro opere sono conservate nelle ville private, l’angelo in ferro battuto,di rara bellezza, è conservato nel Museo di arte sacra di Padova.
La nautica
Cantiere Abbate
Il rombo assordante dei motori dei motoscafi indicava agli abitanti della riva di Azzano (e non solo) che prima Guido Abbate, poi il figlio Tullio, si stavano allenando per le Centomiglia del Lario.
Il Cantiere navale Abbate è uno dei primi e più vecchi cantieri della Tremezzina. Acquistato nel 1882, in origine era ubicato in una süstra (tettoia dove allocare il legname) che si affacciava sulla riva a Portezza. Al capostipite Giuseppe segue il figlio Felice e poi il nipote Guido che si dedica alla costruzione di motoscafi ad Azzano nel luogo che ancora oggi viene chiamato “La valeta“. Furono i due fratelli Tullio e Bruno ad iniziare la produzione di scafi in legno e poi, quelli più all’avanguardia, in vetroresina. Tullio Abbate nel 1963, appena diciannovenne, vince la sua prima Centomiglia del Lario con uno scafo da lui progettato e costruito nel cantiere paterno. Nei suoi 35 anni di attività ha varato più di 6000 imbarcazioni. Tra i suoi clienti ha annoverato un gran numero di campioni: Villeneuve, Senna, Maradona, Casiraghi.
Oggi il cantiere è ancora attivo, ma si occupa soltanto di rimessaggio.
Cantiere Cadenazzi
La famiglia Cadenazzi opera nel settore da più di tre generazioni: ha iniziato la sua attività nel 1904 con Raimondo, specializzandosi inizialmente nella costruzione di barche a remi da loro soprannominate “inglesine” e successivamente di motoscafi da diporto in legno e, negli anni più recenti, in vetroresina. Oggi, dopo più di 40 anni di costruzione di barche, l’attività del cantiere nautico è rivolta al rimessaggio e noleggio di imbarcazioni da diporto. Il cantiere nautico Cadenazzi sorge in riva al lago in Tremezzina, in una località situata fra Lenno e Tremezzo. Ci sono testimonianze della presenza del cantiere con darsena, scivolo di alaggio e varo e primi pontili per l’attracco già nei primi anni del 1900, in particolare con Raimondo Cadenazzi, bisnonno e trisnonno dell’attuale generazione. Non esistono invece testimonianze dirette del periodo precedente. Il Cantiere si trova in una posizione privilegiata in quanto in pochi minuti di navigazione è possibile raggiungere Bellagio e ammirare Villa Balbianello, Villa Carlotta e altre ville caratteristiche del lago.
Le piccole fabbriche
Bibite gassate Covini
Domenico Covini arriva da Nesso subito dopo la guerra e apre a Bolvedro una fabbrica di acque gasate. Nonostante la concorrenza riesce a guadagnare una buona clientela, è puntuale e affidabile. Produce aranciate, gassose e ginger, tutte rigorosamente Covini. Distilla anche un discreto cognac da correzione, il Tre Stelle. Il 31 gennaio 1951 avvenne qualcosa di indimenticabile a Tremezzo: Domenico Covini deposita presso l’Archivio di Stato il brevetto del marchio “SpumAlpina” una bevanda scura a base di chinotto, dal gusto amarognolo e dolce. La bibita spopola, la produzione non riesce a tenere il passo del consumo. Il Signor Covini, classe 1907, muore nel 1978 e con lui la sua amata fabbrica.
Racchette Lario
Ad Azzano negli anni ‘50 esisteva una fabbrica di racchette da tennis, la ditta” Lario” di Giuseppe Zanotta e figli. Apprendista presso falegnamerie locali, Giuseppe Zanotta si trasferisce a Milano a lavorare presso la ditta Reanda, che produce racchette da tennis. Nel 1939 lascia Milano e torna ad Azzano nell’ex cantiere Tullio Abbate, dove inizia la produzione di racchette da tennis e sci mentre nello stesso stabile il cognato, Guido Abbate, costruisce imbarcazioni. Negli anni ’50 trasferisce la sua attività in proprio nel nuovo laboratorio in via Albana dove nasce la ditta “Lario” che darà lavoro a una decina di persone. Negli anni sessanta la produzione di racchette va a gonfie vele anche perché il tennis non è più per soli ricchi, ma diventa uno sport di massa e arrivano a piazzare sul mercato fino a 40.000 racchette annue prodotte a Mezzegra. Anche il famoso tennista Adriano Panatta giocherà sui campi di tutto il mondo con racchette prodotte dalla ditta “Lario” col marchio “Wip”. La produzione continuerà senza subire crisi fino al 1980 quando, con l’avvento delle fibre di carbonio e di nuove materie plastiche, la ditta di racchette di legno deve chiudere l’attività per mancanza di mercato.
Distilleria Bianchi
A Lenno ha prosperato per tanti anni la Distilleria Bianchi, produttrice di numerosi tipi di liquori.
Le etichette delle bottiglie erano vivaci e piacevoli. Quando si entrava in distilleria si era immediatamente assaliti da un profumo intenso di mosto, scorze di arancio, legno di botti imbevute di liquori e zucchero. Il proprietario era un personaggio molto amato, soprattutto dai bambini, in quanto regalava loro qualche blocco di dolce zucchero.
Crediti
La redazione dei testi qui riportati è stata curata dalla comunità di Tremezzina in collaborazione con la coop. soc. Liberi Sogni Onlus. Fotografie e documenti pubblicati in questa pagina sono stati raccolti, selezionati e donati a fine divulgativo e a titolo gratuito dalla comunità di riferimento, nell’ambito del percorso partecipato che ha portato alla realizzazione della mappa di comunità.
Le interviste agli abitanti di Tremezzina sono state realizzate dalla coop. soc. Liberi Sogni Onlus.
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