A Vestreno la cucina è semplice e povera, ma l’uso di ingredienti naturali e genuini forniva ai piatti un sapore davvero prelibato; ancora oggi queste pietanze sono in uso e molto gradite.
LA POLENTA
La polenta non mancava mai, sia nell’alimentazione quotidiana, che nei momenti di festa quando si invitavano parenti ed amici.
La farina usata era mista, in parte di mais e in parte di grano saraceno, fatta bollire in acqua per circa 45 minuti, rigorosamente sul fuoco del camino, nel culdiroo (paiolo), appeso con una catena e mescolata col tarai (lungo bastone di legno). Veniva accompagnata da salsicce, cotechini, mortadelle.
Le famiglie erano solite in inverno uccidere il maiale e farne insaccati che duravano a lungo.
POLENTA ONCIA o CONCIA
La normale polenta di farina mista veniva messa a cucchiaiate in una grande marmitta di ceramica, alternata con strati formaggio locale. Infine si irrorava con una abbondante dose di burro fuso con l’aglio. Una particolarità di questo piatto è che veniva posto al centro della tavola e la famiglia riunita attorno, attingeva con la propria forchetta direttamente dalla grande marmitta. Era un piatto di grande condivisione, soprattutto nel momento della vendemmia.
FOGASCIN DI POLENTA
Con la polenta avanzata si faceva una specie di palla, all’interno si racchiudeva abbondante formaggio. Veniva posizionata al caldo fuoco del camino fino a che, all’esterno, si formava una crosticina e all’interno il formaggio si scioglieva.
LA PAPE
Era la polenta per i piccoli, la farina di mais, cotta con più acqua, diventava una densa crema. Raffreddandosi, nella fondina formava una crosticina sulla quale veniva versato del latte fresco, a volte appena munto. Per renderla più gradevole, veniva aggiunto un po’ di zucchero. Molto gradita dai bambini, piaceva anche agli adulti.
RIS CUNSC O CUNCIAA O IN CAGNON
Il riso veniva bollito in acqua con qualche patata a pezzi. Dopo averlo scolato in una marmitta, si alternavano strati di riso e formaggio locale. Il tutto veniva poi irrorato con abbondante burro fuso e tostato con aglio che, per essere perfetto, doveva scigà, cioè scoppiettare quando veniva versato sul riso.
LA BUSECHE
Era il piatto tipico dei momenti di festa paesana come San Paolo o la Madonna di Bondo e della vigilia di Natale.
La trippa in umido era soffritta con cipolle e pancetta alla quale venivano aggiunte anche delle verdure da minestrone con tanti fagioli, concentrato di pomodoro e del brodo rigorosamente di carne. Non potevano mancare le spezie. Richiedeva parecchie ore di cottura. Alla fine veniva aggiunta una “tostata” di burro fuso con salvia e cipolla. Si serviva con una spolverata di formaggio grana e pepe a volontà.
LA CAZZOLA
Si soffriggevano costine, salsicce e cotenne di maiale alle quali veniva aggiunta una bella quantità di verze e un po’ di brodo. Doveva cuocere parecchio, fino a quando la carne delle costine si staccava quasi dall’osso. Ottima servita con la polenta, anche la cazzola era un piatto da condividere durante la vendemmia o quando si invitavano parenti ed amici.
CASTEGN E LACC
Alle castagne secche bollite in precedenza si aggiungeva una scodella di latte fumante.
MINESTRA DE CASTEGN E LACC
La minestra di riso era cotta in metà acqua e metà latte, a cottura quasi ultimata si aggiungevano le castagne secche precedentemente cotte.
LA RESUMADA
Il tuorlo d’uovo era ben sbattuto con lo zucchero fino a diventare una chiara crema, a questa si aggiungeva l’albume montato a neve ben ferma. Per i bambini la ricetta finiva qui, la mangiavano intingendo pezzi di pane, mentre gli adulti aggiungevano vino rosso o, meglio ancora, marsala.
PAN, PANOT o FOGASCIN (DOLCE)
Una volta il pane era prodotto con farina di segale e veniva conservato e usato per lungo tempo.
Nel periodo delle feste, all’impasto del pane veniva aggiunto zucchero, uova, burro, fichi, castagne e altra frutta secca e diventava ol Fogascin, l’antenato povero della Bisciola Valtellinese. Questo dolce era tipico delle feste natalizie, ma veniva fatto anche ad agosto in occasione della fienagione sugli alpeggi.
LA SCARPASCE
Era il dolce per eccellenza del periodo invernale e del carnevale. Veniva fatta con pane raffermo ammollato nel latte, al quale venivano aggiunti zucchero, uova, frutta secca e fresca (mele, fichi secchi, uvetta e ciò che ognuno aveva in casa), farina bianca e gialla. In superficie una spolverata di zucchero e qualche fiocchetto di burro. Veniva cotta in forno per circa 40 minuti, finché si diffondeva il piacevole profumo e la scarpasce raggiungeva un bel colore dorato.
I TORTEI
I tortei erano fatti con la minestra di riso avanzata la sera prima alla quale veniva aggiunta poca farina, un uovo, qualche cucchiaio di latte e un pizzico di lievito, quando c’era. Fritti a cucchiaiate nell’olio bollente, venivano scolati e cosparsi di zucchero. Graditi a tutti in qualsiasi momento dell’anno, nel periodo della fienagione erano la colazione per i segaduu (gli uomini che falciavano il fieno con la ranze) accompagnati dal cafè negro (caffè ed estratti) e dall’immancabile fiasco di vino.
Crediti
La redazione dei testi qui riportati è stata curata dalla comunità di Vestreno in collaborazione con la coop. soc. Liberi Sogni Onlus. Fotografie e documenti pubblicati in questa pagina sono stati raccolti, selezionati e donati a fine divulgativo e a titolo gratuito dalla comunità di riferimento, nell’ambito del percorso partecipato che ha portato alla realizzazione della mappa di comunità.
Le interviste agli abitanti di Vestreno sono state realizzate dalla coop. soc. Liberi Sogni Onlus.
Eventuali titolari di diritti d’autore sui materiali pubblicati, sono pregati di mettersi in contatto con la coop. soc. Liberi Sogni Onlus. Hanno partecipato al tavolo di lavoro per la creazione di questa mappa di comunità: Consuelo Buzzella, Franco Memeo, Flavio Cipelli, Marisa Raimondi e Primavera Realini.