Tradizioni perdute

I tremezzini ricordano con nostalgia e affetto alcune tradizioni e feste che vedevano la partecipazione entusiasta di tutta la comunità, oggi ormai perdute ma ancora vive nella memoria e nei racconti degli anziani. 

Notturno Romantico

Il Notturno Romantico in Tremezzina è stato per anni, dopo la sagra di San Giovanni, l’evento turistico più importante del centrolago. Per l’occasione l’Enel staccava l’illuminazione pubblica e il lungolago era rischiarato da una fila ininterrotta di palloncini multicolore in carta di riso, creando un effetto scenico clamoroso. I davanzali delle finestre delle case e degli alberghi erano adornati da flambeaux policromi, così come le scalinate dei paesi…il risultato era molto suggestivo. Gruppi folkloristici e musicali animavano la serata con suoni, musiche, canti e balli nelle piazze e nelle contrade. Tutti i partecipanti erano entusiasti!

Palio delle frazioni

Il Palio delle frazioni è nato come torneo di calcio in cui ogni frazione schierava la propria nazionale composta da elementi nativi o residenti in loco. Scopo delle partite erano dare sfogo al senso di competizione tra le varie frazioni della Tremezzina e ovviamente il divertimento. Partecipavano tutti, anche i meno atletici e lo spasso era assicurato.

Con il tempo è diventato un vero e proprio palio delle contrade. Si sono aggiunte specialità ruspanti come il tiro alla fune, il taglio del tronco, la corsa nei sacchi, le bocce e via discorrendo. E le sfilate con i costumi medievali e le varie scuole di rievocazione storica da tutta Italia che proponevano i loro spettacoli tra sbandieratori e saltimbanchi. Come si sa, il bel gioco dura poco: lo spirito sportivo si è esaurito in fretta e sono cominciati i litigi e i problemi e la voglia di vincere ha prevalso sulla goliardia, purtroppo!

Fujada de Mulgis

La Beata Vergine del Soccorso è da sempre oggetto di devozione e meta di pellegrinaggi. Nel secolo scorso molti fedeli arrivavano da lontano, dalla Cavargna, dalla Val Rezzo, dalla Val Menaggio e dall’alto lago. Si spostavano con il carretto o a piedi, e partivano il giorno precedente la festa. La sera del 7 settembre si ritrovavano a Molgisio, in prossimità della prima cappella, e dormivano alla meno peggio all’interno di capanne fatte di frasche e foglie (da cui il nome fujada ossia ammasso di foglie) e all’alba erano al santuario per la prima messa. Tornavano nel tardo pomeriggio accaldati e assetati. Nasceva così l’idea di preparare un punto di ristoro per rifocillare i pellegrini, protetto da rami d’alloro per conservare al fresco cibi e bevande. Dopo aver mangiato e svuotato le damigiane, uomini e donne cantavano per ore manifestando la loro fede, il ritorno a casa era complicato. Si trattava dell’evento principale dell’anno, con il progresso la tradizione si è persa ma è rimasta l’usanza di fare falò in ricordo degli ammassi di foglie usati per costruire i bivacchi che venivano bruciati dai pellegrini dopo la notte e di consumare una cena popolare insieme.

Crediti

La redazione dei testi qui riportati è stata curata dalla comunità di Tremezzina in collaborazione con la coop. soc. Liberi Sogni Onlus. Fotografie e documenti pubblicati in questa pagina sono stati raccolti, selezionati e donati a fine divulgativo e a titolo gratuito dalla comunità di riferimento, nell’ambito del percorso partecipato che ha portato alla realizzazione della mappa di comunità. 
Le interviste agli abitanti di Tremezzina sono state realizzate dalla coop. soc. Liberi Sogni Onlus.
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