La Tremezzina ha dato i natali a molte personalità di spicco, da Davide Van De Sfroos all’architetto Lingeri, eccellenze nei loro campi e conosciuti ben oltre i confini locali. Ma altri personaggi che hanno vissuto in Tremezzina sono rimasti nella memoria e nel cuore di molti abitanti del territorio per la loro eccentricità, per il loro soprannome che racconta una storia d’altri tempi o ancora per un aneddoto divertente e memorabile.
Giuseppe Botta detto Pino
Chi, da oltre 40 anni a questa parte, ha militato in una compagine calcistica della Tremezzina, è sicuramente “passato” sotto la guida tecnico /sportiva del mister Giuseppe Botta, sosia di Vasco Rossi e in arte “PINO”. Dal lontano 1978 sino ai giorni nostri, Pino ha allenato buona parte delle squadre giovanili e open del territorio, partendo dall’ U.S. Lenno (ora ASD Lenno), ed alternandosi anche sulle panchine della “sportiva” di Mezzegra, dell’ U.S. Tremezzo e dell’Ossuccio Calcio. Conteso e ambito dalle varie associazioni sportive, pur non essendo assistito da un procuratore (non ne aveva bisogno!), ha riportato diversi successi, tra cui tre campionati provinciali di categoria, un trofeo al meeting Sportivo di Cesenatico e numerosi tornei estivi; degna di nota è anche l’esperienza alla guida della prima squadra femminile open Tremezzina dell’ASD Lenno. Arcigno e fumantino, ma soprattutto fumatore (anche in panchina), di Pino non si può non ricordare l’espulsione in “quel di Lecco”, dopo solo un minuto dal calcio di inizio e a seguito di un “fischio” del direttore di gara non pienamente condiviso, per usare un eufemismo. Per i suoi meriti sportivi, Pino è stato insignito del riconoscimento ufficiale del Comune: “UNA VITA PER LO SPORT – ESEMPIO ED ORGOGLIO PER LA COMUNITA’ TREMEZZINA” nel 2019.
Mario Bianchi detto Baiona
Mario Bianchi era il vogatore principe delle Lucie, tipiche imbarcazioni del lago descritte anche da Manzoni nei Promessi Sposi. Come tutti i tremezzini, anche lui aveva un soprannome, legato ad una sua specificità. Il suo era Baiona, che deriva da “baionetta” e voleva ricordare la sua abilità e rapidità come vogatore. Di lavoro faceva il pescatore, il falegname e il maestro d’ascia. Quando nel 1947 è stato creato il Palio Remiero del Lario lui è stato il primo a rappresentare il Comune di Ossuccio con ben cinque gare vinte. Il palio consisteva in una spettacolare gara con le Lucie con coppie di vogatori in rappresentanza dei Comuni rivieraschi del Lario. Ancora oggi il Palio esiste e coinvolge appassionati e turisti, ma un tempo era considerato un appuntamento ancora più imperdibile ed entusiasmante: gara più importante dell’anno, negli anni ‘70 era stato sospeso per infrazioni al regolamento…pare che a Lezzeno truccassero le barche, o almeno così si diceva in Tremezzina.
Luciano detto Lusio
Luciano detto Lusio, classe 1907, era un barcaiolo di Mezzegra, gran fumatore (sola sigarette Alfa, le più forti), amante del buon vino e delle belle donne. Il lavoro di barcaiolo non era certo molto redditizio all’epoca e prima che il Comune gli assegnasse un alloggio, in alcuni periodi dormiva a bordo di un barcone nel vecchio cantiere del paese, illuminato di notte solo dal chiarore di una candela e in compagnia di un topo (parole sue). Il Lusio è passato alla storia per la frase che pronunciava sempre in presenza di piacenti fanciulle a cui proponeva un passaggio con la sua barca: “Mademoiselle voulez vous venir avec moi descià e de là del lac?” (“Signorina, vuole venire con me in giro per il lago?”). Certamente il suo elegante francese non lasciava indifferenti le giovani malcapitate!
Giuanen
Durante la guerra il cibo scarseggiava e la gente si arrangiava come poteva. Il contrabbando offriva la possibilità di rifornirsi di generi di prima necessità: riso, pasta e, ovviamente, sigarette. Mezzegra era il fulcro del mercato nero. In particolare ad Azzano c’era un certo Giuanen, conosciuto da tutti. El Giuanen si riforniva nel bresciano e rivendeva in Tremezzina. Fu fermato alla stazione di Mandello mentre tornava a casa con due valigie cariche di farina, riso e pasta. La merce fu sequestrata e seguì un breve soggiorno a Pescarenico (il carcere di Lecco). La volta successiva andò meglio. Fermato alla stazione ferroviaria di Rovato riuscì a convincere le guardie che era un povero sfollato lontano da casa. Fu persuasivo a tal punto che lo lasciarono andare.
“El Giuanen l’è na a Mandel l’han ciapaa per un usel. L’han mis (è una licenza poetica, suona meglio di metuu) in gabbia.
El Giuanen l’è na a Rua l’han ciapaa per un sfulaa l’ha fada franca.”
(“Il Giuanen è andato a Mandello e l’hanno preso per un uccello. L’hanno messo in gabbia. Il Giuanen è andato a Rovato, l’hanno preso per uno sfollato e l’ha fatta franca”).
Arveno Proserpio detto Harry
Arveno Proserpio era un talentuoso giardiniere di Villa Carlotta nato a Bolvedro. Nel 1940 partì per il fronte greco-albanese con il 5° Reggimento Alpini, e fu assegnato al Battaglione Morbegno: era sul monte Lofka il 17 novembre, il giorno dell’eroica morte di Franco Sampietro, medaglia d’oro al valor militare.
Nel 1950 decise di cambiare attività e diventò guida turistica per la Martin Rooks Travel di Londra. Tipo a dir poco esuberante, si specializzò in canzoni sguaiate e barzellette sporche che spesso le vecchie signore inglesi non gradivano. Le lettere di reclamo si accumulavano, ma era talmente bravo che gli veniva perdonato tutto. Di media statura, l’Harry aveva un torace enorme che lo faceva sembrare tarchiato, braccia alla Popeye e collo taurino. All’inizio degli anni ’60 a Villa Sola tra la sorpresa generale arrivò in vacanza una leggenda vivente dello sport italiano: il discobolo Adolfo Consolini, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra nel 1948 e argento a Helsinky nel 1952. Entrò subito in sintonia con l’Harry, passavano insieme interi pomeriggi in giardino sotto l’ombra dei platani. E proprio qui, in una calda notte d’estate e tra la folla in delirio si disputò il classico “match del secolo”, una sfida a braccio di ferro tra Dolfo e Harry. Il discobolo era considerato imbattibile ma non aveva fatto i conti con la forza straordinaria dell’avversario. Dopo una dura lotta, tra lo stupore generale Harry fu vincitore! Fu vera gloria? In realtà nessuno saprà mai se la forza di Harry fosse veramente sovrumana o se il Dolfo l’avesse semplicemente lasciato vincere.
Nando Travella detto Il barba
Nando Travella nasce a Tremezzina nel 1942 nel bel mezzo della guerra e la sua è un’infanzia difficile. Figlio di Felice “Bindòn” Travella, stuccatore di razza, segue le orme del padre. Negli anni ‘50 si fa notare nei cantieri di Milano per il suo estro e la sua originalità. E’ uno spirito libero e preferisce al successo e ai denari del capoluogo i lavori saltuari di recupero nelle antiche ville perché convinto che da solo può esprimere al meglio le sue qualità. Gira il mondo restaurando cattedrali e palazzi ed è leggendario il suo soggiorno a Cuba per il ripristino del barocco cubano: pare abbia addirittura cenato con Fidel Castro. Ogni volta che torna in Tremezzina è festa per tutti, è dotato di una stupefacente voce tenorile e anima le giornate e le serate con una vitalità incredibile. Muore improvvisamente nel 2002 lasciando il ricordo di un tremezzino straordinario ma anche il rammarico per non aver espresso appieno il suo enorme talento.
Pier Alfredo Croci detto Nick Mano Fredda
Figlio di Angelo Pettine d’oro, storico barbiere di Bolvedro, comincia la sua attività seguendo le orme paterne nel 1951, a 12 anni. Quando il vecchio Angelo lascia l’attività negli anni ‘80, l’allievo ha superato il maestro e i clienti arrivano da tutto il circondario. Tipo tranquillo e sornione, è sempre informatissimo, sa tutto di tutti ma al tempo stesso è abbastanza riservato. Sottopone ogni cliente a una sorta di terzo grado, ad ogni domanda suggerisce almeno tre risposte da dare, manco fosse Mike Bongiorno. Un taglio capelli è una via di mezzo tra il telequiz e il confessionale.
Nel 2011 una grande soddisfazione. In occasione del centenario dell’uscita della crema Nivea, riceve la visita a sorpresa di una troupe di Sky che lo intervista e riceve il premio fedeltà da un dirigente della Beiersdorf: il negozio usava il celebre prodotto dal 1946! Nel 2016, dopo 65 anni di barba e capelli, Pieralfredo ha lasciato l’attività stabilendo un record fantastico: non ha mai fatto un giorno di chiusura per ferie o malattia. Padre e figlio hanno tagliato i capelli ad almeno sei generazioni di tremezzini, si sono meritati un posto nella storia locale… Con Paul Newman non ha nulla a che vedere, ma è conosciuto come Nick Mano Fredda, a causa delle dita sempre ghiacciate che tanti ricordano.
Carlo Pesenti detto Caio Il sanguinario
Nel 1969 Gheddafi saliva al potere in Libia e nel 1977, grazie agli introiti derivanti dal petrolio, il regime decise di realizzare alcune importanti infrastrutture tra cui strade, ospedali, acquedotti e industrie. Le imprese costruttrici erano chiamate a lavorarvi erano europee e anche l’Italia partecipò con le sue aziende più prestigiose, che assumevano manodopera specializzata con contratto di tre mesi rinnovabile.
La paga era ottima e da Tremezzo partì un piccolo gruppo di persone per l’avventura libica. Tra questi il Caio, detto Il sanguinario: struttura longilinea, nervatura d’acciaio e sguardo spietato, Caio a Bolvedro era una leggenda. Aveva già lavorato in Arabia Saudita e la sua unica preoccupazione era la totale assenza di alcol, bandito dal regime, per un periodo così lungo.
Il volo con le maestranze lariane atterrò a Tripoli e l’accoglienza non fu certo trionfale. Ai piedi della scaletta era schierato un minaccioso plotone di guardie della rivoluzione con un fotografo che scattava primi piani ai passeggeri che sbarcavano uno alla volta per la schedatura.
La gente era piuttosto intimorita, la maggior parte di loro non aveva mai lasciato l’Italia, l’approccio era tutt’altro che incoraggiante.
Ecco il turno del nostro Caio che non voleva essere immortalato, si avvicinò alle guardie con aria di sfida, fissò il fotografo e con la sua voce tagliente disse: “E ades…basta cun i flash! E non concedo interviste!” (“Ora basta con i flash!”)
Gilda Tacchi detta La fattucchiera
La Gilda era una simpatica vecchietta che viveva nella contrada di Tremezzo, in una casa piena di gatti. Convinta di avere poteri paranormali, prevedeva il futuro con la lettura della mano e i tarocchi. Inizialmente era conosciuta solo a Tremezzo e frazioni, esercitava per passione chiedendo in cambio una piccola offerta.
Negli anni ’60 venne pubblicata una guida alternativa del Lago di Como che scriveva più o meno così: “Non potete passare da Tremezzo senza visitare lo studio della chiromante Gilda, adorabile vecchina che vi proietta in paesi lontani!”. Iniziò per lei un periodo intenso e quando raggiunse una certa notorietà: i suoi clienti arrivavano da Milano e Lugano ed era abbastanza frequente incontrare sotto i portici signore eleganti che chiedevano di lei.
Era una donna intelligente e generosa e anche una buona psicologa. Non conosceva Freud e Jung, ma dispensava consigli e indicazioni in base a teorie che conosceva solo lei.
Affermava di avere tra i suoi clienti Luciano Castellini, menaggino portiere del Monza all’inizio della carriera. Si dice che la Gilda gli abbia predetto un avvenire luminoso, da campione.
Il 1 dicembre 1968 ecco il suo esordio in serie B, Como-Monza al Sinigaglia! Menaggio e il centrolago si mobilitarono, stadio esaurito. La Gilda aveva fornito a Luciano un sale magico da mettere nei guanti e da spargere dietro la porta per renderla inviolabile. Peccato che le cose non andarono proprio così…il Monza perse 5 a 0. Il portiere, emozionatissimo, fu tutt’altro che impeccabile e perse subito il posto in squadra.
La domenica sera Gilda non si scompose e affermò con convinzione che la sua previsione era a lungo termine. I fatti le daranno ragione e Castellini sarà protagonista di una grande carriera a Torino e a Napoli.
Domenico Zanotta detto il Canotto
Il Canotto era uno spirito libero, spigliato, espansivo e dotato di una simpatia più unica che rara. Contrabbandiere romantico, sbarcava il lunario vendendo in nero prodotti di vario genere di provenienza sconosciuta.
Benvoluto da tutti, è stato per una vita direttore e bagnino “ad honorem” del Parco Meier. Ha visto crescere e insegnato a nuotare a gran parte dei bambini del paese. Estroverso e dotato di un forte umorismo, raccontava storie senza tempo, incantando mamme e ragazzini. Si comportava come fosse a tutti gli effetti il proprietario del parco e nel 1979, quando la troupe diretta dal regista Florestano Vancini invadeva il parco, lui volle vederci chiaro. Si girava il film “Un dramma borghese” con Franco Nero, Lara Wendell e Danila Di Lazzaro. Si stava riprendendo la scena clou, Franco Nero e Dalila Di Lazzaro che amoreggiano su una barca nella darsena. Il regista cercava la perfezione ed era a ben oltre il decimo ciak. Sembrava la volta buona quando improvvisamente sulla porta si affacciò il Canotto mandando il regista su tutte le furie. Seguirono subito le accorate spiegazioni del Canotto: “Varda che sun el respunsàbil!” (“Guarda che io sono il responsabile!”).
Alessandro Bianchi detto Ciudo
Il Ciudo (o Ciudu) era nato nel 1900, visse 64 anni e nella vita fu panettiere. Un piccolo errore gli costò un soprannome diffuso e conosciuto da tutti a Bolvedro e altrove.
Il suo negozio a Bolvedro era molto frequentato, ma c’era un piccolo problema: la porta faticava a chiudersi e in inverno l’aria fredda che entrava dalla porta costantemente aperta per l’andirivieni dei clienti infastidiva il panettiere indaffarato. Stanco per le continue lamentele non prese in considerazione dagli avventori, decise di prendere un serio provvedimento: scrisse un cartello che appese fuori dal negozio. Mai gesto fu così fatale. Il cartello recitava: “Si prega di ciudere la porta”. Da quel giorno l’acca dimenticata fece parte di lui e mai gli fu perdonata. Ancora oggi i nipoti portano il suo soprannome e pare ci sia un’accesa diatriba fra quale dei nipoti sia il più legittimato a blasonarsi del famoso soprannome del nonno.
El Manara
Giacomo Manara abitava nella contrada di Bolvedro ed era il braccio destro di Nino Covini, titolare della fabbrica omonima. Alto e vigoroso, aveva mani enormi ed era un accanito fumatore di Alfa, le famose spaccapolmoni. Era un reduce di guerra, arruolato nella Regia Marina nel 1940, flotta del Mar Rosso e imbarcato sul cacciatorpediniere “Nazario Sauro”. Nell’aprile del 1941, mentre era in navigazione verso Porto Said, la nave fu affondata da una squadriglia di bombardieri inglesi. Il Giacomo, ferito gravemente, sopravvisse per miracolo, aveva delle schegge in testa che non potevano essere rimosse e sembra sia stato questo il motivo della sua stramberia. Infaticabile e di buona volontà, con la sua energia ha contribuito alla fortuna del Nino, imprenditore illuminato che lo considerava un fratello minore. Passava il tempo libero tra il Bocc e il Corona (storici locali a Bolvedro) giocando a carte e raccontando storielle ai bambini. Era completamente calvo e calzava il classico bordino blu, copricapo degli anni ‘50 e ‘60. Memorabile la sua imitazione dell’Infallibile ispettore Rock, celebre Carosello poliziesco della Brillantina Linetti in voga negli anni ‘60 . Quando si toglieva il cappello e metteva in mostra la pelata, i più piccoli andavano in visibilio. Le sue trovate e le sue battute spontanee erano irresistibili, infatti era considerato la mascotte del paese. Erano i tempi dei commessi viaggiatori e uno di questi, rappresentante di vini dell’Oltrepò Pavese, una volta al mese setacciava la zona del lago. Era innamorato di Bolvedro e della sua gente e il pranzo al Bocc era per lui irrinunciabile. Cercava sempre di mangiare in compagnia del Manara, conversatore spassoso e divertente. Un giorno la Maria del Bocc servì due belle bistecche, una più grande dell’altra e il Manara prese al volo la più grande.
“Giacomo, non sei per niente gentile, hai preso proprio la bistecca più grande !”
“Perchè, tu quale avresti scelto?”
“Senz’altro quella più piccola!”
“E alura te set giamò a post…” (e allora sei già a posto)
Questo era il Giacomo Manara.
Crediti
La redazione dei testi qui riportati è stata curata dalla comunità di Tremezzina in collaborazione con la coop. soc. Liberi Sogni Onlus. Fotografie e documenti pubblicati in questa pagina sono stati raccolti, selezionati e donati a fine divulgativo e a titolo gratuito dalla comunità di riferimento, nell’ambito del percorso partecipato che ha portato alla realizzazione della mappa di comunità.
Le interviste agli abitanti di Tremezzina sono state realizzate dalla coop. soc. Liberi Sogni Onlus.
Eventuali titolari di diritti d’autore sui materiali pubblicati, sono pregati di mettersi in contatto con la coop. soc. Liberi Sogni Onlus.