Bulciago è stata prima di tutto terra di contadini che con gli anni si sono riscattati dall’ala protettrice dei conti Taverna, i maggiori proprietari terrieri del comune, per diventare a loro volta proprietari e custodi di piccoli appezzamenti in cui si coltivava soprattutto “furmenton” (mais).
Le nonne obbligavano i nipoti a sfogliare le pannocchie e sgranarle, staccando i chicchi e distribuendoli alle galline che razzolavano intorno felici. Gli altri chicchi venivano poi macinati e trasformati in farina gialla usata soprattutto per fare la polenta. Dalle galline si ricavano anche tante uova che venivano raccolte con grande attenzione, fino al momento in cui veniva decretata la loro brutta fine, quasi sempre per mano delle nonne. Ma poi seguiva un ottimo brodo da consumare da solo o come base per il risotto giallo nei giorni di festa.
Anche l’uccisione del “purcel“ (maiale) era un vero e proprio rito famigliare che vedeva tutti raccolti intorno alla figura autorevole del macellaio che, dotato di tutti gli arnesi necessari, procedeva alla suddivisione delle varie parti del malcapitato ed al loro successivo trattamento : salsicce, salami, parti di carne da consumare al momento o deporre nelle cantine come veri trofei di caccia e conservare per le occasioni importanti. Le urla strazianti della bestia morente ancora riecheggiano nelle orecchie dei bambini, insieme al gusto intenso e caldo del suo sangue raccolto (“Del maiale non si butta via niente”).
Nel pollaio non mancavano i conigli ed i piccioni che costituivano un alimento molto gradito, ma anche un pavone che con le sue piume colorate impreziosiva il palcoscenico dell’aia. I più fortunati avevano almeno una mucca che riforniva la famiglia del latte, alimento base della dieta dell’epoca, ma anche “caldaia” naturale; nella stalla infatti ci si trovava nei giorni più freddi a recitare il rosario, a scambiarsi gli ultimi pettegolezzi, a raccontare ai bambini storie favolose.
Con l’avvento delle industrie e del commercio i campi sono stati progressivamente abbandonati, ma la passione per la terra è rimasta nella cura di alcuni pollai che ancora sopravvivono (i “cassot”) o degli orti, in cui alle patate della tradizione lombarda si sono aggiunte nel tempo le verdure tipiche delle regioni del Sud, introdotte dagli immigrati. Ma soprattutto è rimasta la rete dei legami famigliari nonostante i flussi migratori in entrata ed uscita.
Crediti
La redazione dei testi qui riportati è stata curata dalla comunità di Bulciago in collaborazione con la coop. soc. Liberi Sogni Onlus. Fotografie e documenti pubblicati in questa pagina sono stati raccolti, selezionati e donati a fine divulgativo e a titolo gratuito dalla comunità di riferimento, nell’ambito del percorso partecipato che ha portato alla realizzazione della mappa di comunità.
Le interviste agli abitanti di Bulciago sono state realizzate dalla coop. soc. Liberi Sogni Onlus.
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